Addio Carla Fracci, stella della danza mondiale

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(repubblica.it)

Morta Carla Fracci, una vita in volo “ma con le radici ben piantate nella terra”. La ballerina aveva 84 anni. Le origini popolari, lo studio tenace, il successo nei più grandi teatri del mondo. “Mi lamento perché sono polemica, ma la mia è stata una gran bella vita”.

Carla Fracci è stata una artista unica, un misto di concretezza meneghina e leggerezza della poesia, una protagonista sia dell’esclusivo mondo del balletto classico che di quello pop della televisione e dei rotocalchi: delicatissima e struggente Giselle, toccante Giulietta, aerea Sylphide nei più grandi teatri del mondo; non solo la Scala ma anche il Royal Ballet, lo Stuttgart Ballet, il Royal Swedish Ballet e, dal 1967, artista ospite dell’American Ballet Theatre, con i più eccelsi partner come Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Gheorghe Iancu, Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, gli italiani Amedeo Amodio, Paolo Bortoluzzi, e coreografi come Cranko, Dell’Ara, Rodrigues, Nureyev, Butler, Béjart, Tetley e molti altri.

Ben prima di Roberto Bolle, Carla Fracci ha contribuito a portare la danza in contesti pop, a cominciare dalla televisione: nel ‘67 con Scarpette rosa di Vito Molinari, in molti show del sabato sera, nello sceneggiato tv su Giuseppe Verdi come indimenticata Giuseppina Strepponi, la soprano e seconda moglie del compositore (attrice lo è stata anche al cinema in Storia vera della signora delle Camelie di Bolognini con Isabelle Huppert e Gian Maria Volonté, Nijinskij di Herbert Ross con Jeremy Irons), fino alle civetteria di ridere con autoironia della bella imitazione di Virginia Raffaele al Festival di Sanremo.

Nel 2009 diventa assessore alla Cultura della Provincia di Firenze, si è battuta contro lo smantellamento dei Corpi di Ballo dalle fondazioni liriche, anche con un appello nel 2012 all’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Lei stessa si era impegnata in prima persona a tenerli vivi: alla fine degli anni Ottanta quando dirige il Corpo di Ballo del Teatro San Carlo di Napoli, poi nel ‘96 quello dell’Arena di Verona, e dal 2000 per dieci anni alla testa della compagnia di danza all’Opera di Roma, tuttavia sempre nel rimpianto della mancata direzione del balletto alla Scala dove per questi dissapori non ballerà più dal ‘99.

(lastampa.it)

Addio a Carla Fracci, regina della danza

(ilmessaggero.it)

Carla Fracci è morta, la figlia del tranviere divenuta étoile aveva 84 anni.

Regina indiscussa della danza italiana, era nata il 20 agosto 1936 a Milano, e nel capoluogo lombardo ha costruito la parte centrale della sua carriera studiando nella scuola di ballo della Scala, di cui poi è diventata étoile. Il ministro della Cultura Dario Franceschini: “La più grande. Divina ed eterna. Piena d’amore per la danza, di nuovi progetti, di idee per tutta la vita, con l’entusiasmo di una ventenne. L’Italia della cultura ti sarà sempre grata, immensa”.

(ragusanews.com)

Addio Carla Fracci, danzerai leggera fino in cielo. La ballerina italiana più famosa al mondo ci lascia a 84 anni, è rimasta in silenzio fino all’ultimo.

(corriere.it)

Morta Carla Fracci, diva assoluta della danza mondiale. La ballerina milanese aveva 84 anni: figlia di un tramviere, aveva conquistato tutti i più grandi teatri del mondo con la sua grazia, interpretando oltre 200 personaggi.

“Prendee anca questa questa, la ghà un bel faccin” disse nel 1946 la direttrice della scuola di danza, rendendo felice in primis Fracci Luigi, il manovratore che col suo tram linea 1 passava tutti i giorni davanti al Piermarini facendo scorta di speranza per la figlia.

Diplomata nel ’54, l’anno dopo è chiamata a far parte del corpo di ballo scaligero, balla in Le spectre de la rose con Mario Pistoni, proprio mentre la Callas debutta in Sonnambula con Visconti e Bernstein. Il colpo di fortuna. Alla Scala è in scena Cenerentola ma Violette Verdy, ètoile dell’Opera di Parigi, rinuncia ad alcune recite e la Fracci la sostituisce in un debutto trionfale il 31 dicembre ’55.

La carriera di una grande ètoile è fatta dalla somma di indimenticabili serate d’onore in luoghi privilegiati del mondo e anche dalla memoria, un lungo filo di equilibrio sotto le luci dei riflettori, alla fine dei quali arrivano non solo le acclamazioni ma i distintivi di Cavaliere, Commendatore, Grand’ufficiale della repubblica.

(ilgiorno.it)

Morta Carla Fracci, mito della danza e simbolo di Milano. Se ne è andata la “prima ballerina assoluta”, che fu ambasciatrice della Scala nel mondo. Dalle difficoltà del Dopoguerra alla conquista dei palchi globali. E di Nureyev.

Se ne è andata in silenzio sulle punte, come nel suo stile che ne ha fatto una leggenda. Avrebbe compiuto 85 anni il 20 agosto, ma Carla Fracci, leggenda del balletto e orgoglio italiano nel mondo ha deciso di far calare il sipario con anticipo. La star del balletto è morta, dopo una malattia affrontata con grande riserbo e che negli ultimi giorni si era acuita, nella sua Milano. E di Milano “la” Fracci era stata davvero un simbolo, rappresentando appieno lo spirito meneghino del Dopoguerra, del valore del lavoro e dell’impegno. Di famiglia umile – padre bigliettaio del tram e alpino nella guerra in Russia, madre operaia in fabbrica – riuscì a entrare nell’Accademia della Scala (anche la sorella Marisa danzò sulle punte), diventando tutt’uno con l’istituzione milanese e conquistando la gloria internazionale, fino a venire considerata, come la definì il New York Times, “prima ballerina assoluta”. La sua fama e la sua grazia furono tali che Eugenio Montale le dedicò una poesia, “La danzatrice stanca”, inserita nel Diario del ‘71 e del ‘72, uscito nel 1973.

Nel dicembre 2013 esce la sua autobiografia “Passo dopo passo”, a cura di Enrico Rotelli, che sarà alla base di una fiction sulla sua vita che si sta girando in questi mesi con Alessandra Mastronardi, che sarà destinata a Raiuno e si chiamerà semplicemente “Carla”.

(ilfattoquotidiano.it)

È morta Carla Fracci, addio all’etoile della Scala simbolo della danza italiana nel mondo: aveva 84 anni

“Il Teatro alla Scala, la città, la danza perdono una figura storica, leggendaria, che ha lasciato un segno fortissimo nella nostra identità e ha dato un contributo fondamentale al prestigio della cultura italiana nel mondo” – ha fatto sapere in una nota la Scala dando la notizia della sua scomparsa – “Carla Fracci è una figura cardine della storia della danza e di quella del Teatro alla Scala ma anche un personaggio di riferimento per la città di Milano e per tutta la cultura italiana. La storia fiabesca della figlia del tranviere che con talento, ostinazione e lavoro diventa la più famosa ballerina del mondo ha ispirato generazioni di giovani, non solo nel mondo della danza”.

Il ministro della Cultura, Dario Franceschini: “La più grande. Divina ed eterna. Piena di amore per la danza, di nuovi progetti, di idee per tutta la vita, con l’entusiasmo di una ventenne. L’Italia della cultura ti sarà grata per sempre, immensa Carla Fracci”.

Il commissario UE agli Affari economici, Paolo Gentiloni: “Ricordo Carla Fracci, grande artista, donna libera e cittadina esemplare. Un simbolo per tutti gli italiani”.

Il Teatro alla Scala di Milano, il sovrintendente Dominque Meyer: “Con Maria Taglioni, Carla Fracci è stata la personalità più importante della storia della danza alla Scala. Cresciuta all’Accademia, ha legato intimamente il suo nome alla storia di questo Teatro. Nei mesi scorsi ho avuto il piacere di accoglierla diverse volte alla Scala dove veniva spesso e a gennaio siamo stati felicissimi di riaverla a trasmettere la sua esperienza alle giovani interpreti dell’ultima ‘Giselle’, che è stata per tutti un momento indimenticabile. La penseremo sempre con affetto e gratitudine, ricordando il sorriso degli ultimi giorni passati insieme, in cui si sentiva tornata a casa”.

Il direttore del Corpo di Ballo, Manuel Legris: “Ci lascia stupiti, in punta di piedi come ‘Giselle’, spirito che resta con noi, riempie le sale ballo, il palcoscenico e i nostri cuori, come la sua energia mai sopita, che ci ha catturato e affascinato quando è tornata a riabbracciare il Teatro e i suoi artisti. Un grande vuoto che, allo stesso tempo, ci fa sentire ricolmi e ricchi di tutta la sua storia, che è la storia del balletto, privilegiati per aver condiviso la sua arte che è vita, leggendario modello e fonte di ispirazione di tutte le generazioni di ballerine”.

(corriere.it)

Carla Fracci, regale e leggera: con Nureyev elevò il balletto a leggenda. Come un faro illuminava l’oscurità del teatro: il ruolo che la consacrò fu Giselle e con il russo formò una coppia memorabile che regalò al pubblico momenti memorabili.

(ilgiorno.it)

Carla Fracci, le sue frasi più famose

“Mi considero fortunata per la carriera che ho avuto. E’ stato difficile resistere, lottare, affrontare i momenti bui, andare oltre. E’ stato fondamentale Beppe, che non mi è mai venuto meno perché non è stato soltanto il marito ma il compagno, l’intellettuale, il regista, l’ideatore di centinaia di occasioni e di creazioni indimenticabili”.

“Il mio non fu proprio un bell’esordio. Fui quasi scartata. A distanza di anni di lavoro, di danza appunto, sono sicura che ci debba essere qualcosa di innato che conduca a fare la ballerina”.

“La danza è una carriera misteriosa, che rappresenta un mondo imprevedibile ed imprendibile. Le qualità necessarie sono tante. Non basta soltanto il talento, è necessario affiancare alla grande vocazione, la tenacia, la determinazione, la disciplina, la costanza”.

“Un paese senza cultura e arte, senza i mezzi per fare cultura e arte, è un paese che non si rinnova, che si ferma e non ha accesso a ciò che succede in paesi più importanti, negandosi così ad un futuro vero, autentico e soprattutto libero”.

“Rudolf Nureyev è stato un grande ballerino e coreografo e anche una persona molto difficile. Poteva anche essere terribile non a caso più volte, in scena, è stato scorretto con chi danzava con lui. Per me ha avuto sempre un grande rispetto, in scena sentiva la mia collaborazione, mi ha sempre riconosciuto una forza”.

“Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze. Sono stata una pioniera del decentramento. Volevo che questo mio lavoro non fosse d’élite, relegato alle scatole d’oro dei teatri d’opera. E anche quand’ero impegnata sulle scene più importanti del mondo sono sempre tornata in Italia per esibirmi nei posti più dimenticati e impensabili. Nureyev mi sgridava: chi te lo fa fare, ti stanchi troppo, arrivi da New York e devi andare, che so, a Budrio. Ma a me piaceva così, e il pubblico mi ha sempre ripagato”.

(fanpage.it)

Addio a Carla Fracci, la regina della danza che amava Napoli: “È come casa mia”. L’amore ricambiato tra Carla Fracci, la regina della danza, e la città di Napoli. Un legame che portò l’artista a festeggiare i suoi ottant’anni sul palcoscenico del teatro San Carlo: “Qui mi sento a casa mia, ho un legame davvero profondo con il San Carlo e la città”.

“Quando penso a questa città e al suo grande teatro, il San Carlo, penso alla grande capacità di dare emozioni e di essere riconoscente per le emozioni provate, in uno scambio alla pari. Un rapporto che si chiama amore. Se penso a Napoli, penso a casa. La cosa che mi piace di più di Napoli è che quando arrivo ritrovo vecchi e cari amici, dall’usciere al tecnico, persone che come me a teatro hanno trascorso la vita. E il loro “Ciao Carla”, semplice, diretto, fraterno, mi riempie il cuore. Quel “Ciao” è come dire: Grazie per quello che ci hai dato, non abbiamo dimenticato”.

(ilfattoquotidiano.it)

Morta Carla Fracci, Lorella Cuccarini: “Eternamente principessa, a rivederci”. Sui social il dolore per la scomparsa dell’etoile.

Giorgio Panariello: “Una piuma si abbandona ad un sospiro di vento”.

(ilmattino.it)

Carla Fracci è morta: addio alla regina della danza italiana

(corrieredellosport.it)

Carla Fracci è morta: addio alla grande étoile. È venuta a mancare la regina della danza italiana.

(ilgiornale.it)

Addio a Carla Fracci, regina italiana della danza

“Sono nata poco prima della guerra, poi fummo sfollati a Gazzolo degli Ippoliti, in provincia di Mantova, quindi a Cremona. Papà lo credevamo disperso in Russia. Io giocavo con le oche, ci si scaldava nella stalla. Non sapevo cosa fosse un giocattolo, al massimo la nonna mi cuciva bamboline di pezza”.

“Da piccola mi piaceva muovermi. Ero un’attrazione tra i grandi che la domenica ballavano il liscio al laghetto Redecesio, nel dopolavoro dell’azienda tranviaria. Così i miei mi portarono all’esame di ammissione per la scuola di ballo della Scala”.

“Rudolf Nureyev non aveva un carattere facile, ma con lui ho trascorso dei momenti straordinari. I danzatori sono diversi e, quando danzano, hanno l’opportunità di scambiarsi emozioni. Lui aveva una forte personalità, possedeva un carisma e un’energia che accendeva il palcoscenico. Io ho ballato molto con lui, anche nelle sue coreografie era un tipo esigente”.

“Come donna ho avuto la fortuna di incontrare un uomo di teatro, di grande sensibilità e genialità. Beppe (Beppe Menegatti, il marito) mi è stato accanto nella mia carriera, nei viaggi che facevo per lavoro. Durante le mie tournée all’estero, mi portava sempre anche mio figlio. Tutto questo calore familiare ha contribuito al mio successo”.

“Ovunque si possa danzare, dovunque si possa far conoscere la bellezza di quest’arte, vado sempre con trasporto. Tra le mie più grandi soddisfazioni, infatti, non c’è solo quella di aver danzato nei più grandi teatri del mondo, ma anche di aver portato il balletto nei posti più remoti, nelle periferie, e di aver trasmesso a tanti giovani questa passione”.

Note dal Passato: Carla Fracci

“Il mio percorso è stato lungo, bello, importante di grande fascino ma non mi sono mai sentita una star. La quotidianità, la routine dell’allenamento, sono state e continuano ad essere una costante nella mia vita. Faccio ancora la mia sbarra, in prima posizione, tutte le mattine, come la facevo ieri con la stessa grande umiltà e questo ti resta per sempre. E deve essere così per ogni professionista. Il mondo della Danza non è solo rose e fiori come si pensa , ci sono anche le spine”.

“Oggi molte danzatrici hanno doti di altissimo livello. Anzi più di quanto si possa immaginare rispetto al passato. Ma spesso noto che manca l’anima, il gesto espressivo che nasce dal cuore. Non voglio essere ricordata con la definizione di icona della danza ,preferisco si dica di me: Una donna forte, determinata che ha lavorato onestamente sempre, con grande professionalità. Per tante sere sono stata Giulietta, Giselle, Aurora, Chèri, Isadora e tante altre eroine del balletto romantico. Ogni volta un ruolo diverso, ma dopo ogni spettacolo ero semplicemente Carla, una donna normale. Non mi sono mai sentita una vera star. Non si vive in punta di piedi ma con i piedi per terra”.

“La danza mi ha regalato tantissimo. Le persone belle che ho incontrato e che sono state fondamentali per la mia carriera. Mio marito, mio figlio. A loro devo il sostegno e la forza per i momenti difficili, trasformati in bellissime emozioni in scena”.

“Io volevo fare la parrucchiera. Il mio approccio con la danza fu del tutto casuale: alcuni amici dei miei genitori mi videro ballare un valzer, secondo loro avevo un senso della musica particolare. Quasi costrinsero i miei genitori a mandarmi alle audizioni alla scuola di danza del Teatro alla Scala. Mi ricordo la direttrice severissima che, dopo le selezioni, mi inserì nel gruppo delle ballerine da rivedere: “è molto fragile, ma ha un bel faccino”, disse. Mi presero: fortunatamente la scuola era gratuita, altrimenti non me la sarei potuta permettere, perché mio padre era un tramviere scampato dalla guerra in Russia”.

“I miei genitori sono stati eccezionali, perché non hanno mai interferito con le mie decisioni. Non posso dimenticare una frase che mi disse Nureyev, che aveva la mamma in Russia ed era tormentato dal fatto che non potesse tornare in patria per rivederla: “Carla, tu hai una famiglia, io invece non ho nulla”. Pensa che quando Gorbaciov gli diede un permesso per tornare in Russia la mamma era in punto di morte”.

“Ho fatto delle cose che sono servite alla danza. Alle volte mi sorprendo ancora di essere famosa. Poi mi accorgo che invece è una realtà e sono le persone che incontro a ricordarmelo. So di aver fatto tanto per la danza, la gente se lo ricorda, ed è riconoscente. Ho portato la danza classica nei piccoli paesi dove c’era il sospetto che non sarei mai arrivata, nonostante la parola data”.

Eugenio Montale le dedicò una lirica bellissima, “La danzatrice stanca” (1969).  “Eugenio mi ha dedicato una grande cosa e quella lirica la porto dentro, come si fa con i ricordi più belli”.

Milano. “È la mia città, sono cresciuta qui ed è qui che ho fatto carriera muovendo i primi passi a teatro. Poi è arrivata il Teatro Alla Scala e sono sorti i primi problemi. Ero molto richiesta ma spesso non mi davano il permesso per andare all’estero. Subii anche dei torti come quando non mi fecero andare a Hollywood per girare un film. Mi sentii spesso dire che avevo avuto fortuna perché ero carina ma nel nostro lavoro ci saranno sempre dei detrattori e come in tutti i mestieri l’invidia fa spesso da cornice”.

“Il teatro non può e non deve morire, non voglio assolutamente pensare e accettare che il teatro venga cancellato dal nostro paese e dalle nostre istituzioni. Il teatro è la nostra forza. È una lunga tradizione che ha visto l’Italia e gli italiani sempre in prima linea nel mondo. Il teatro è cultura e un paese non può vivere senza cultura. È il nostro pane”.

“Promuovere la danza e portarla a tutti è sempre stata una mia prerogativa per cui merito la stima e l’affetto di cui sono circondata. La mia non è un’immagine solo romantica legata a Giselle o alla Sylphide, nella mia carriera ho spaziato in lungo e in largo sul piano culturale, musicale e soprattutto su quello innovativo. Sono felice di aver avuto un periodo artistico straordinario, incontrando persone meravigliose, che mi hanno insegnato e mi hanno coinvolto nel loro mondo, con l’aiuto anche naturalmente di Beppe Menegatti che ha curato per me innumerevoli regie. Tante sono state le proposte che, insieme, abbiamo portato nei teatri con numerosi spettacoli ed eventi, creati appositamente, che vanno oltre alla Giselle, Coppelia, Bella Addormentata. All’epoca ogni Ente lirico aveva al proprio interno una Compagnia di ballo, che purtroppo hanno smantellato, e per me è stato un grande dolore. Però ricordo quel periodo con immensa gioia; un bel lavoro ricco di proposte, di allestimenti e di teatri i quali hanno accolto con entusiasmo i nostri progetti, un percorso felice. E ancora oggi guardo ai giovani e vorrei lavorare con loro, sul piano stilistico che purtroppo si va perdendo. Mi si vede sempre come la ballerina eterea ma ci sono stati anche i balletti drammatici, ad esempio Medea. Ho un’esperienza vasta per cui mi sono arricchita e ho potuto conoscere il cinema, la televisione, il teatro in ruoli da attrice che grazie a Menegatti ho affrontato, basti ricordare Ariel nella “Tempesta” o Titania nel “Sogno di una notte di mezza estate” oppure Luna in “Nozze di sangue” ed anche lo sceneggiato “Verdi” diretto da Renato Castellani”.

“Ho avuto dei grandi maestri, ho danzato nella “Sylphide” di Laron Arend, ho lavorato moltissimo con George Balanchine. Ho collaborato con tutti i più grandi, ad esempio John Cranko che ha creato per me “Romeo e Giulietta”, con Tetley, Tudor, Petit, Béjart, Carlson, Pistoni, Massine. È stata una gamma di incontri e di grandi emozioni lavorare con tanti coreografi come John Buttler in “Medea” oppure Glen Tetley in “Nocturne” al Festival di Spoleto, l’aver danzato con i più celebri ballerini, sia all’estero che in Italia, basti ricordare Bruhn, Gilpin, Babilée, Nureyev, Vassiliev, Baryshnikov, Bortoluzzi, Miskovitch, Dupont, Bujones, Cragun, Kronstam, Vu-An, Amodio, Fascilla ma anche Liepa, Ezralow, Bocca, Fournial, Iancu, Bolle, Murru e tanti altri”.

“Sono molto orgogliosa di aver promosso e divulgato la danza ed il balletto e di aver dato tanto lavoro ai giovani. Con José Limon abbiamo fatto “The Moor’s Pavane” il grande balletto a quattro che in seguito ho danzato anche con l’American Ballet Theatre a New York. “After Riden” di John Butler su musica di Lee Hoiby l’ho ballato anche in un teatro tenda invitando molti ballerini tra cui Sally Wilson. Ricordo bellissime serate con Amedeo Amodio, James Urbain, Niels Khelet, Paolo Bortoluzzi. Desideravo coinvolgere i grandi nomi italiani per costruire un sodalizio al fine di creare una Compagnia. Purtroppo questa cosa si è perduta ed è stato un vero peccato, forse non è stato recepito il messaggio. Ho dovuto chiamare altri danzatori da fuori Italia. Per un festival a Venezia invitai Mikhail Baryshkinov nella famosa “Serata a quattro” con la Kirkland e Bortoluzzi: c’era la gente arrampicata sui lampioni pur di vedere lo spettacolo. Ho fatto anche la “Pavane pour une infante défunte” con il grande ballerino spagnolo Antonio Gades su musica di Ravel. A Firenze abbiamo portato il “Pas de Quatre” sempre con Antonio Gades dove per tutta la variazione lui impersonava la parte che fu di Maria Taglioni. Non ho avuto preferenze di partner, Baryshnikov, Nureyev ho lavorato tantissimo con entrambi e soprattutto con Rudy ma anche con Erick e Vassiliev”.

“Ho avuto il meglio sia in Italia che all’estero: da Cape Town a Cuba, dall’Australia agli Stati Uniti. All’“American Ballet Theatre” ho danzato per più di dieci anni accanto a Vassiliev, Baryshnikov, Nureyev e ad Erik Bruhn. Vorrei poter lavorare con i giovani nel sensibilizzare le istituzioni per aiutare di più la danza. Possedevo fin da bambina una spiccata musicalità ed è stata una fortuna ritrovarmi alla Scala in un mondo sconosciuto e poterlo scoprire passo dopo passo grazie ai professori, agli insegnanti e ai più grandi nomi che ho incontrato durante il mio percorso formativo in un continuo scambio culturale”.

“La danza è un’arte ed è creatività. Pur nella ripetitività le emozioni cambiano anche sul piano musicale. Il pubblico lo percepisce quando un artista viene coinvolto profondamente in quello che interpreta e non si accontenta mai di non approfondire il proprio ruolo. La danza coinvolge mente, spirito e cuore”.

“Ho seguito gli insegnamenti dei miei maestri alla Scuola di Ballo della Scala, dove ho cominciato, la sig.ra Bulnes, con cui ho terminato gli ultimi tre anni di studio, la sig.ra Martignoni, che fu la mia prima maestra, Vera Volkova, che voleva portarmi con sé in Danimarca. Tantissimi sono gli incontri che hanno segnato la mia vita e a cui sono riconoscente, Margot Fonteyn, Yvette Chauviré, Alicia Alonso a Cuba, il coreografo John Cranko, i miei partner Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, Mikhail Baryshnikov, Gheorghe Iancu, e poi gli italiani, Paolo Bortoluzzi, Fascilla, Pistoni”.

“Ho interpretato di tutto, non solo i balletti del grande repertorio ottocentesco come Giselle. Tanti coreografi hanno creato su di me. John Cranko nel 1958 firmò per me e con la Scala la sua prima versione di Romeo e Giulietta al teatro Verde sull’Isola di San Giorgio a Venezia; John Butler con la sua Medea, a Spoleto, nel 1975, partner Baryshnikov; Francesca da Rimini, ideato da Mario Pistoni. La prima volta a New York fu con Erik Bruhn. Sono poi diventata permanent guest dell’ American Ballet Theatre”.

“Quando facevo la Strepponi, il regista Renato Castellani mi diceva che non avevo bisogno di grandi indicazioni: sapevo muovermi, sedermi al pianoforte con un vestito d’epoca, era per me naturale. In tv ho danzato di tutto, con le Kessler, con Mina, ho recitato con Franca Valeri, con Giuseppe di Stefano, la versatilità è importante. Sono stata fortunata nella mia vita, ma è anche vero che la fortuna me la sono fatta da sola”.

“La vita è difficile, si fa tanta fatica e per affrontarla ognuno di noi deve trovare la propria speranza”.

a.s.

 

 

 

 

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