Pippo Baudo

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“Era il 1958 quando mio padre comprò la televisione. Avevo 22 anni. Quell’anno Sanremo lo vinse Domenico Modugno con Volare. Mi colpì molto e pensai: Devo per riuscire ad entrare in quella scatoletta”.

“L’annuncio della morte di Claudio Villa, che ho fatto in diretta dall’Ariston nel 1987, è la cosa che mi colpisce di più ripensando a tutte le mie edizioni”.

“Sono molto legato al mio paese. Sono figlio unico, tutta la responsabilità della famiglia Baudo era sulle mie spalle. Quando ho comunicato ai miei genitori che intendevo fare televisione, per loro è stato un grande dolore”.

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“L’amore è un momento di follia, si diventa una persona sola con chi si ama. Ho avuto storie importanti: Alida Chelli era una grande artista, mentre con Katia ci siamo incontrati quando facevo Fantastico. Dovevo cercare una cantante lirica e prima ho scoperto Cecilia Bartoli, poi la Ricciarelli. Ne è nato un amore profondissimo”.

“Ogni separazione è un fallimento. Credo ancora nell’amore, ma per me ormai è troppo tardi”.

“Anna Marchesini la ricordo con profondo dolore. Era una grande artista e una donna superba. Lorella Cuccarini l’ho vista all’Hotel Hilton mentre stava facendo un balletto con un gelato in mano, le ho fatto subito un provino. Ho chiamato in Rai dicendo di aver scoperto il muovo volto della tv italiana”.

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“Nella mia carriera ho presentato oltre centomila serate. Durante il periodo di Settevoci, un giorno facevo il programma e nei restanti sei andavo a fare le serate in tutta Italia. Arrivavo alle due del pomeriggio e facevo il giro di tutti i bar per sapere capire che Pippo Baudo esisteva davvero. Mi chiamavano anche per inaugurare i circhi. Nell’intervallo facevo le foto con i bambini, con il pony”.

“La Rai di Via Teulada l’avevo immaginata come un paradiso. Quando sono arrivato da Catania mi sembrò un carcere. Ho fatto il provino. Poi sono entrato dove facevano Studio Uno. Ho visto le Kessler, Antonello Falqui che mi aveva fatto il provino qualche giorno prima, Paolo Panelli e Lelio Luttazzi, un grandissimo”.

“Un programma di cui sono orgoglioso è Novecento. C’erano cronaca, spettacolo, storia, cultura, ospitavo grandi artisti che si raccontavano”.

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“Gli Anni ’60 sono stati bellissimi. Roma è diventata più grande, è nata l’Olimpica, il Villaggio Olimpico. Il periodo peggiore, quello del terrorismo. Ricordo di essere andato a fare uno spettacolo a Trento dove c’era l’Università di Sociologia creata da Flaminio Piccoli, dove studiava il brigatista Renato Curcio. Sono stato contestato, non mi volevano far fare lo spettacolo. Si rischiava. Mi ha salvato un brigatista di Agrigento, che ha detto che ero un suo compaesano”.

“La Rai deve recuperare il suo ruolo di guida, non deve assomigliare alle TV commerciali. I suoi programmi devono essere nazionali e popolari, devono essere capiti da tutti e possedere un sottofondo culturale”.

“Se non avesse fatto il presentatore, mi sarebbe piaciuto diventare direttore d’orchestra. Ha una partitura in mano, davanti a sé 50-60 musicisti e deve fare in modo che i violini si accordino con i violoncelli, le trombe con i tromboni fino a creare un unico insieme armonioso. Ogni volta è una magia che si realizza”.

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“Tra i tanti cantanti che ho lanciato, sono molto legato a Giorgia, Fiorella Mannoia, Eros Ramazzotti. Ho un bellissimo rapporto con Al Bano e Romina Power”.

“Techetechetè mi ha reso immortale. In 60 anni sono stato in quasi tutti i programmi, come protagonista assoluto o come ospite”.

a.s.

 

 

 

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