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Automobilismo – Arturo Merzario

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Arturo Merzario è uno dei protagonisti dell’epoca d’oro del motorsport internazionale: Turismo, Sportprototipi Formula 1, Targa Florio, 24 Ore di Le Mans, 12 Ore di Sebring, 1000 km del Nürburgring.

“Per i miei ottant’anni mi sono regalato la partecipazione alla Dakar. Fin da quando ero pilota ufficiale Abarth e Ferrari, negli anni settanta, guardavo affascinato le prime edizioni della Parigi-Dakar, del Camel Trophy, i grandi raid africani”.

“Quando si chiede a un pilota automobilistico se ha paura, tutti rispondono no. Io invece ti dico sì. La paura vera è la possibilità di rimanere offeso in modo permanente”.

Nurburgring, agosto 1976. “Quando ho salvato Niki Lauda, dopo un terribile incidente di corsa, mi sono buttato nel fuoco per slacciargli la cintura. Gli urlavo di rilassarsi, ma lui premeva per uscire da lì e non ci riuscivo. Per fortuna svenne, si rilassò e riuscii a sganciare il meccanismo. Pesavo 55 chili, ma sono riuscito a tirarlo fuori prendendolo per il cavallo della tuta e il colletto dietro la nuca. La fortuna di Niki è stata che, quando ero militare, per guadagnarmi una licenza premio di quattro giorni, avevo partecipato a un corso di primo soccorso, imparando il massaggio cardiaco e la respirazione bocca a bocca. Gli ho dato l’opportunità di sopravvivere quei 30 secondi, fino quando sono arrivati i medici”.

“Niki Lauda è stato un fuoriclasse come pochi. Era un campione d’altri tempi, come Ascari e Nuvolari. Sapeva stare dentro le gare. Era personaggio senza fare nulla per esserlo davvero. Era sempre sé stesso. Non aveva solo talento, non era solo campione. Per primo in F1 fece capire che si poteva vincere non solo correndo veloce, ma anche ragionando, pianificando. È stato un computer, poi è diventato un professore”.

 

“Il ricordo più bello quando ho convinto Abarth a farmi correre il Gran premio del Mugello, il 21 luglio 1969. Ho battuto tutti, Porsche, Alfa Romeo, Ferrari”.

“Nella mia lunga carriera ho avuto l’opportunità di condurre vetture di ogni tipo e marca. Ogni gara è fine a sé stessa, ogni prestazione va valutata singolarmente. Oggi non è più importante solo la capacità del pilota per fare la differenza. L’alta sofisticazione sia tecnologica che umana fa sì che il tutto venga alterato”.

 

 

 

 

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