La musica da leggere: Franco Battiato (Aldo Nove)

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(indie-eye.it)

Il racconto di Nove intreccia la biografia con l’autobiografia, la Storia con l’esperienza personale. Il mondo orientale di Battiato si manifesta davanti agli occhi di bambino dello scrittore, attraverso la magica scatola catodica, durante un pomeriggio di provincia. La visione e l’ascolto di “Sequenze e frequenze” estratto da “Sulle Corde di Aries” tocca profondamente lo scrittore ancora fanciullo.

La biografia diventa romanzo e a Nove servono pochi elementi e fonti primarie, come gli estratti da “Tecnica Mista su Tappeto” o le interviste recuperate, per aprire un mondo di fenomeni ed extra-fenomeni. La scrittura di Nove reagisce alle numerose metanarrazioni disseminate da Battiato durante la sua carriera e se “Perdutoamor“, il suo film d’esordio dietro la macchina da presa, gli serve per tracciare un confronto vivo con l’infanzia e l’adolescenza del musicista siciliano, lo scrittore di Viggiù parla anche di se stesso, della sua formazione, a partire dal solaio della nonna, dove nei primi anni settanta scopre in dischi in vinile a 78 giri, epifanie da un mondo parallelo che sollecitano i primi stimoli poetici. Tra questi alcuni Flexy Disc e gli allegati alla settimana enigmistica, i dischi di “Francesco Battiato e gli enigmisti“, fresche e dolci melodie d’amore che il poeta assimila e ama da subito.

C’è tutto il Battiato del periodo di ricerca che emerge molte volte, con una cronologia spezzata, che va avanti e torna indietro, come legame speciale che Nove stesso rintraccia con quelle intuizioni sonore. Ci sono tutte le persone che hanno rappresentato molto per Battiato, come i primi incontri con Camisasca, Piero Massara, fondatore della seminale Bla Bla, Gianni Sassi della storica Cramps, tutte amicizie umane e artistiche incontrate da Battiato a partire dal periodo della naja.

Splendido il capitolo dedicato a “Per Elisa“, dove si racconta la genesi di una relazione artistica e umana straordinaria come quella tra Alice e Battiato e dove si sfatano alcune mitologie sul brano che conquistò l’edizione 1981 del Festival di Sanremo. Altrettanto bello il segmento dedicato a Giusto Pio, al percorso esoterico, l’amicizia con Roberto Calasso e Fleur Jaeggy, “Fleurs”.

(rockol.it)

Incontro a distanza dell’autore con il protagonista del suo lavoro. Da un certo punto in avanti Nove abbandona il tracciato biografico per seguire quello dei dischi pubblicati da Battiato e dedicandosi all’analisi, all’interpretazione e all’esegesi dei testi.

(opinione.it)

Aldo Nove ha colto e raccolto l’essenza di uno stupore magnifico e sempre discretamente presente, che ha caratterizzato la vita del Nostro (così è Battiato nel testo). Ha parlato anche di sé, della sua infanzia e delle sue emozioni. Dell’interesse verso un musicista-cantautore-compositore-regista-pittore-studioso-viaggiatore che ha accompagnato tutta la sua esistenza, finora. Ha raccontato dell’inizio di Francesco Battiato: dall’infanzia fino all’ultimo concerto, passando per i tanti album, per le sperimentazioni, per le amicizie, per le ricerche e le manie. Ha colto in pieno l’essenza della vita del Maestro volta alla facoltà dello stupore.

(avvenire.it)

Ogni capitolo ha un titolo ed è una ‘nota’ per avventurarsi nel mistero-Battiato e insieme nel variegato spartito di questo libro. Aldo Nove ha costruito un testo godibile e mai banale, critico e narrativo, agile e insieme composito. Il lettore viaggia da una parte in una ricognizione della produzione del musicista molto rigorosa, che, seguendo grosso modo un filo cronologico, attraversa la poliedrica opera battiatesca dagli esordi delle canzonette melodiche e malinconiche fino al recentissimo Torneremo ancora, con Battiato in absentia.

Uno dei meriti del libro di Nove è di abbordare coraggiosamente e con levità insieme il nucleo mistico e spirituale della musica di Battiato, di cogliere questo filo d’oro, vedendo come esso operi anche in chi ascolta.

Tra i tanti spunti del libro: la bella intuizione sulla complementarietà del nostro con “il gemello celeste” Juri Camisasca, le preziose note sulla performance teatrale Baby Sitter, poco conosciuta ma così importante per Battiato stesso, la ‘selva oscura’ esistenziale dei primi anni Settanta, da cui l’artista uscirà rinnovato.

 

(criticaletteraria.org)

Il volume abbraccia l’ampio arco della parabola battiatesca, dall’infanzia a Ionia fino al commovente inedito del 2017, Torneremo ancora. Il libro è costruito secondo un impianto generale essenzialmente cronologico che a volte è spezzato da digressioni personali e dal ricordo dei tanti momenti in cui Battiato si è intrecciato alla vita dell’autore.

Di Battiato Nove ripercorre soprattutto il percorso mistico, quella sua particolare spiritualità sempre indagata attraverso lo studio e l’intuizione, la stessa che lo portò ancora bambino a scrivere su un foglio bianco: “Io, chi sono?”. La gavetta e gli anni della fame a Milano, le prime esperienze sui palcoscenici della grande città, le “leggere” canzoni giovanili.Le crisi di alienazione del 1971, annus horribilis ma di  incredibile importanza strategica, e l’avvicinamento alla meditazione, e poi Fetus (1972), primo dei trenta album in studio che l’hanno consacrato anno dopo anno come l’artista indefinibile che sfugge al compiacimento del pubblico, alle etichette commerciali dei discografici, alle categorie astratte dei critici, alle maschere di chi voleva renderlo personaggio e non persona.

Il libro permette di comprendere anche quali incontri gli abbiano permesso di sviluppare se stesso in modo così eclettico: il produttore Pino Massara e il pubblicitario Gianni Sassi, il compositore Karlheinz Stockhausen, il violinista Giusto Pio, Francesco Messina, l’artista che ha realizzato molte copertine dei suoi album, la straordinaria Carla Bissi, in arte “Alice”, che ha legato la propria voce alla sua in un inscindibile controcanto, Giuni Russo e Manlio Sgalambro, amico, sodale, compagno dello spirito nel suo senso più comprensivo. E anche gli incontri del pensiero che hanno donato spunti e prospettive al suo creare: Georges Ivanovič Gurdjieff, René Guénon, Sant’Agostino, i mistici indiani.

(mydreams.it)

Il libro è una sorta di riflessione profonda ed innamorata da parte dell’autore  dell’universo creativo ed umano del cantautore siciliano che ha fatto della meraviglia, dello stupore l’alto registro  del suo modo particolarissimo di fare musica.

(musicalnews.com)

Aldo Nove rende omaggio all’opera del musicista, compositore e genio della musica italiana. Si abbandona al ritmo atipico dei ricordi personali, suggestioni liriche e riflessioni intimamente socio-politiche, con un testo immediato, estremo e sincero. Ne risulta un percorso attraverso l’intera produzione del musicista, dalle canzoni leggere degli anni ’60 alla produzione sperimentale degli anni ’70, fino alla svolta pop degli anni ’80 per arrivare così ai giorni nostri.

Note dal passato: Franco Battiato

“Oggi il livello medio della musica pop mi appare bassissimo. Ciò che si ascolta e si vede in certi talent show è patetico. Per fortuna ci si può sempre rifugiare in certi geni del passato i quali, ogni volta che si ascolta qualche loro composizione, ci ricordano che la musica è un ponte tra la nostra realtà apparente e il divino”.

“Non avevo idea di cosa fosse la fama. L’ho capito, con gli interessi, dopo il successo inaudito de La voce del padrone”.

“L’aspetto positivo del pubblico italiano è che ogni tanto può spiazzarti accogliendo una canzone in una maniera che non avevi previsto, ma non ha la capacità di seguire un artista anche su piani diversi dal consueto. Gli italiani, tendenzialmente non amano le scommesse, preferiscono ascoltare sempre la stessa canzone piuttosto che avventurarsi su un terreno di novità”.

“Agli inizi degli anni 70 conobbi Gianni Sassi, un pubblicitario interessato non solo a fare marketing ma anche all’arte e alle avanguardie. Un giorno mi prese coi miei vestiti più eccentrici, mi truccò in modo che la mia faccia sembrasse come decomporsi, poi mi chiese di sedermi su un divano. Mi scattò una foto. Tempo qualche giorno quella foto la ritrovai per tutta Milano, in enormi cartelloni: era la pubblicità del divano. Sassi perse il cliente ma per me fu una mossa geniale”.

“In vita mia ho fatto solo tre esperimenti con le droghe: una con la mescalina, fantastico nella salita e terribile nella discesa, una con l’LSD, e una con la cocaina. Delle tre, quest’ultima è senza dubbio la sostanza più stupida, inutile e superflua. Non ti mette in discussione”.

“Per anni mi ero comportato come un recluso, da solo nel mio studio, a studiare e a comporre. Con L’era del cinghiale bianco presi un’altra strada: quella del pop”.

“Più che una passione, quella della pittura è stata una necessità. La necessità di porre rimedio alla mia totale incapacità di fare qualsiasi cosa con le matite e i pennelli, il mio blocco di fronte alla trasformazione di una cosa vista in una cosa trasposta su tela. Quella della pittura è stata una sorta di sfida con me stesso. E ora credo di poter affermare di averla vinta, questa sfida. Ora so che cos’è la prospettiva, ho capito che la pittura e la musica occupano dimensioni totalmente diverse, anche se complementari, nella mia mente e nel mio cuore”.

“Ciò che trovo invariabilmente presente in tutti i miei lavori è una ricerca costante della bellezza, dell’armonia, della fluidità delle soluzioni che si muovono all’interno di ogni linguaggio prescelto. Perché sono assolutamente sicuro che per comunicare certi sentimenti, certe emozioni, certe opzioni del cuore, è necessario seguire strade ben definite”.

“Come scrisse Rumi: “Io non sono musulmano, né induista né cattolico. Non credo né al cielo né alla terra”. Dopo un certo numero di esistenze (credo nella reincarnazione) si spera di entrare nel mondo del non ritorno”.

“Con la musica ero un orecchiante. Poi ho incontrato Stockhausen, che mi ha proposto di interpretare una sua opera e non poteva credere che non sapessi leggere la partitura. Così ho iniziato a studiare la notazione classica”.

Un momento del concerto di Franco Battiato in piazza del Plebiscito per inaugurare l’edizione 2017 del Napoli Teatro Festival, 5 giugno 2017.
ANSA / CIRO FUSCO

“Uso internet per cercare quel che mi serve, ho trovato interessanti compositori sconosciuti del Cinque, Sei e Settecento. Uso correntemente il telefonino. Prendo gli aerei. Sono un teledipendente. Guardo i telegiornali di Cnn e Bbc. La sera, dopo una giornata di lavoro, cerco film e programmi scientifici sul satellite. Mi vanto di non aver mai visto il Grande Fratello: l’ho incrociato per tre secondi e sono scappato alla grande”.

“Mi sembra che il calcio di anni fa possa definirsi statuario se paragonato al football di oggi. Vedo tiri incredibili, giocate ad altissime velocità. La competizione sta guastando la purezza dello sport. Falli brutti, tensioni. Un tempo c’era più gentilezza: chi commetteva una scorrettezza si scusava immediatamente. L’aspetto commerciale predomina. Ovunque, non solo nel calcio”.

“Tra i dolci tipici siciliani preferisco la cassata. Il cannolo ha un residuo che mi rovina il gusto dell’entrata, cioè la scorza. Per me la bellezza sta dentro, non fuori, e la cassata è fatta interamente di crema: un piacevole tutt’uno che non pone barriere tra me e il gusto”.

“Sono legato alle condizioni naturali dell’esistere. Così posso aprire la finestra, vedere un tempo nuvoloso e ricollegarmi ad ebbrezze, odori, profumi dell’infanzia. In questo modo tutto il resto svanisce, anche le cose turpi e violente. In realtà la mia vita non si nutre della comunicazione con gli umani, ma conta di più la realtà più intima”.

“Ho vissuto l’infanzia del dopoguerra, una vera e propria epoca di rinascita collettiva come reazione a un mondo che aveva distrutto milioni di persone. In questa “patologia dell’esistere” eravamo molto sani e le frustrazioni che attribuiscono a certi insegnamenti noi non le abbiamo neanche sfiorate. Si andava in chiesa solo a giocare a pallone o a bigliardino. Ho studiato molto poco con grandissimi risultati, solo perché ero molto attento; al mattino mi svegliavo mezz’ora prima per ripassare, ma nulla più. Avevo già in mente lo spettacolo. Se sapevo una minima cosa, essa sbocciava, non mi chiudevo come gli altri per emozione; questo faceva la differenza”.

“Il problema della scuola è che si studia soltanto per un esame, un’interrogazione o un compito in classe. Sarebbe meglio pensare l’insegnamento in maniera diversa. Ci vorrebbero dei maestri prima che dei professori, ma già è difficile trovarli nella vita”.

“Non mi sono mai stancato del mio mestiere; quando lavoro ho ritmi da impiegato, assolutamente spietati: sono capace di ascoltare un brano mille volte”.

“Quando non avevo le possibilità finanziarie ho considerato il viaggio come qualcosa di veramente importante. Nel periodo dei vent’anni ho viaggiato moltissimo con gran divertimento, scoprendo mondi nuovi, culture nuove; tutto, naturalmente, seguendo l’arte di arrangiarsi. Oggi, invece, sento il bisogno di certe comodità, anche perché le energie per dormire sul ponte di una nave non ci sono più”.

“Il benessere per me è una categoria esclusivamente spirituale. Ai beni materiali va dato il giusto peso, non ci si può far spappolare il fegato perché qualcuno ti tampona la macchina. Se hai messo la tua vita nelle mani di un rottame, peggio per te”.

“Gli anni più difficili della mia vita hanno coinciso con il successo sfrenato. Dal ’78 all’82 ho sofferto”.

“Non voglio essere chiamato maestro. Sono stato fortunato, protetto da un patto stabilito altrove, ho avuto delle grandi soddisfazioni da quelli che stanno sopra di me. Le meccaniche celesti che cantavo le ho incontrate veramente”.

“Della politica mi importa sempre meno”.

augusto.sciarra@radiotolfaeuropa.it

 

 

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