(ondarock.it)
Raccontare i Public Enemy significa dover andare oltre i fatti risaputi, ricostruendo non solo la storia della formazione, compresi i progetti solisti e collaterali, ma anche l’evoluzione dell’hip-hop nel corso dei decenni. Di Quarto approfondisce il contesto sociale dal quale provengono i membri della band, esplora la preistoria della formazione, riassume la storia della Def Jam, racconta delle reazioni di giornalisti e pubblico alla Security Of The First World (il discusso corpo di sicurezza dei PE), allarga al radicalismo nero e alle sue contraddizioni, esplora la difficoltà di Chuck D e soci di gestire le esternazioni antisemite di Professor Griff, racconta del legame con il regista Spike Lee, riassume gli eventi che portarono alla rivolta di Los Angeles. È di particolare interesse il capitolo dedicato alla relazione tra i Public Enemy e l’Italia, intitolato “The Italian Job”.
(lacasadelrap.com)
Revolution! La vera storia dei Public Enemy si può definire come un concentrato di rabbia, di gioia, di divertimento, di coraggio e di malinconia. Il giornalista ripercorre la nascita dei Public Enemy, smonta il campo dallo stereotipo del rapper poco istruito che esce dal ghetto. Molti membri dei Public Enemy, nati sul finire degli anni Ottanta, avevano ricevuto “un’istruzione di livello universitario”. Con i Public Enemy l’intrattenimento diventa “arma artistica”.
Tutto dalle rime all’estetica nei Public Enemy era radicale, ribelle e militante. Il loro nome nasceva dalla consapevolezza che i giovani maschi afro-americani erano il nemico pubblico numero uno per la società americana.
Un posto di rilievo nel libro di Andrea Di Quarto spetta alle radici sociali, culturali e politiche a cui i Public Enemy si sono ispirati nei loro anni di carriera. Nel capitolo sette il giornalista tratteggia il contesto quotidiano in cui le persone afro-americane e non bianche vivevano negli anni 80 negli Stati Uniti d’America. Il libro è arricchito da tante foto d’epoca, si dilata con un’ampia bibliografia finale, immancabile la sezione discografica.
(controradio.it)
Il lavoro dello storico dell’hip hop Andrea di Quarto approfondisce questa crew davvero fuori dal comune. Il loro album It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back rientra nella lista commissionata dalla rivista Rolling Stone dei migliori 500 album di tutti i tempi. Di Quarto approfondisce le influenze (per esempio sul gangsta rap della West Coast), le collaborazioni e la ricezione italiana del fenomeno Public Enemy già dal primo tour. La band non fu immune da scivoloni mediatici, note le polemiche scatenate dalle dichiarazioni omofobe, misogine e tranchant del “Ministro della comunicazione” del gruppo, Professor Griff che intorno al 1989 venne rimosso dal suo ruolo. Tra litigi, abbandoni, album solisti, ritorni e tour globali si arriva fino ai giorni nostri.