Patrick Wolf (Londra, 30 giugno 1983), all’età di undici anni ha cominciato a registrare canzoni con violino, voce, e tastiere. A quattordici anni si esibisce con un gruppo di pop art, i Minty. Firma il suo primo con tratto discografico con la Fat Cat Records. Tra i suoi lavori, segnaliamo: Lycanthropy (2003), Wind in the Wires (Tomblab, 2005), The Magic Position (Universal Records, 2007), The Bachelor (Bloody Chamber Music, 2009). “Crying The Neck” è il suo ultimo album, che segna il ritorno sulle scene dopo 10 anni di silenzio.
Parole & Musica: Patrick Wolf
“Ho percorso un cammino segnato da alti e bassi. Sono sotto i riflettori da quando avevo 18 anni. Oggi mi sento a mio agio a rilasciare interviste e andare in tour. Da quando ho abbandonato gli eccessi, ho iniziato a dedicarmi con passione alla lettura di libri, poesie e a scoprire dei film. I 10 anni lontano dalle scene sono stati pieni di sconfitte, conflitti, lotte. Ma sono stati anche un periodo di crescita artistica e umana”.
“Crying The Neck è un album che affonda le radici nella terra dell’East Kent, tra folklore, raccolti e memorie personali. Racconta una rinascita lenta, artigianale, a partire dal corpo e dagli strumenti, nella solitudine di un giardino affacciato su un cimitero. Un lavoro che parla di guarigione, e di come si possa restare fedeli alla propria voce anche quando tutto intorno chiede di cambiarla. È un album nato da un periodo di grande dolore. Nel disco c’è la morte di mia madre, la fine del mio periodo di dipendenza da alcol e droghe, ma anche uno sguardo sull’Inghilterra post-Brexit”.
“L’album è nato a Ramsgate. Sono passato dal vivere a Londra, in un grattacielo da cui guardavo il grigio delle periferie, al poter nuotare nel Mare del Nord. Mi sono ritrovato a camminare sulle bianche scogliere di Dover. Il mio paesaggio, emotivo e geografico, è cambiato nel 2020. Era il tipo di scenario in cui avevo sempre sognato di vivere. Questo spostamento ha aperto una porta che avevo tenuto chiusa per anni. Ho sentito di essere tornato a casa. Il silenzio è stato fondamentale. L’ho cercato a lungo, nei posti sbagliati, in modi autodistruttivi. Finalmente l’ho trovato nella semplicità della natura. In quel contesto, vita e lavoro hanno riacquistato senso”.