spot_img
on air

Libreria Radio Tolfa Europa: Filosofia del rock demenziale. Gli Skiantos e i loro figli illegittimi e non (Andy Rivieni II)

-

Un viaggio nel periodo in cui tutto o quasi era possibile: cambiare il mondo, cambiare nome, non cambiarsi per settimane, pubblicare dischi senza saper suonare, finire fulminati da un proiettile in mezzo alla strada. Un viaggio fatto a bordo della macchina del rock demenziale e dei suoi fondatori: gli Skiantos, e dei semi che hanno germogliato intorno a loro o, a volte, lontanissimo da loro.

Parole & Musica: Dandy Bestia (Bologna, 2 luglio 1952 – Bentivoglio, 16 marzo 2025; Skiantos)
“Sono scappato di casa nel 1965, a soli 13 anni, per andare a sentire i Beatles a Milano. Grazie a loro ho deciso di fare questo mestiere””.

“I Beatles sono stati importanti perché hanno inventato l’abc del rock. Hanno voltato pagina rispetto a tutto quello che potevamo ascoltare prima di loro”.

“Durante la mia carriera ho suonato anche nelle band che accompagnavano Orietta Berti, Francesco Guccini, Lucio Dalla, Ron e tanti altri”.

“Ho incontrato per la prima volta Freak Antoni, leader degli Skiantos, grazie a Stefano Cavedoni, mio compagno di classe al liceo scientifico. Anche lui ha fatto parte del gruppo. Freak mi incaricò di scrivere le musiche di alcune sue poesie demenziali. Il nostro è stato un incontro perfetto”.

“Ho capito di trovarmi di fronte una personalità speciale quando cominciato a leggere con attenzione i suoi scritti. Dietro lo sberleffo e il gioco c’erano dei ragionamenti molto seri. Era diverso da tutti. Era anche un pazzoide”.

“Abbiamo usato il punk nei primi due dischi. In generale abbiamo fatto rock duro. I punk si prendevano sul serio con lo slogan “destroy”, noi no. Sugli stessi argomenti noi giocavamo. Nei testi degli Skiantos è facile trovare analogie con quelli di Fred Buscaglione, Renato Carosone o Natalino Otto rispetto a quelli dei Sex Pistols”.

“Freak Antoni è stato un grande uomo di spettacolo, non solo il frontman degli Skiantos. Un grandissimo cantante rock. Con la voce faceva quello che voleva. Era capace di tenere incollate le persone di fronte a lui. Poteva parlare per mezz’ora senza cantare nulla e la gente pendeva dalle sue labbra. Era uno showman del calibro di Enzo Jannacci e Giorgio Gaber”.

 

 

Altri articoli

Ultimi articoli