Janiva Magness è considerata una delle più talentuose cantanti blues e soul americane. Dotata di una voce dal timbro potente ed incisivo, ha iniziato la sua carriera da giovanissima, affascinata dalle registrazioni di Etta James, Billie Holiday, Elmore James, Robert Johnson, Aretha Franklin e Koko Taylor. Nel suo curriculum vanta esibizioni in tutto il mondo: Bluzapalooza 2008, concerti blues per le truppe statunitensi di stanza in Iraq e Kuwait.
La vita di Janiva è stata dura. É rimasta sola a sedici anni dopo il tragico suicidio di entrambi i genitori. A diciassette è diventata ragazza madre e ha dato il figlio, nato da una fugace avventura, in adozione. Il blues sembrò darle conforto quando una sera, in uno dei periodi più disperati della sua vita, vide Otis Rush in concerto.
Janiva ha affermato più volte che il mondo ha bisogno di musica vera, e il blues può essere la risposta a quella richiesta di speranza che c’è dentro ad ognuno di noi.
Janiva oggi è impegnata anche nel sociale, in particolare nell’aiutare i minori in difficoltà e le loro famiglie.
“Per diverso tempo ho sentito il desiderio di rivisitare le radici musicali e lo stile delle mie prime registrazioni. Questo non per rinnegare la mia recente evoluzione verso altri generi: roots music, soul, Americana”.
“Quando ascolto B.B. King mi sento in qualche modo connessa con lui. Lo stesso avviene con Otis Rush, Etta James, Koko Taylor. Parte del fascino che il blues e il rhythm & blues hanno su di me è dovuto al fatto che questi generi sono veramente vicini alle persone, soprattutto a quelle che hanno sofferto profondamente. Il blues non parla solo della sofferenza ma anche del viaggio che ci porta fuori dal tunnel”.
“Avevo solo quattordici anni quando ho visto suonare Otis Rush. Ogni nota che Otis suonava, ogni parola che cantava, erano espressione di un’aggressività emotiva che non lasciava spazio a fraintendimenti. É stata una esperienza spirituale per me”.
“Il blues è una musica che guarisce. Il suo scopo è quello di parlare del dolore, di celebrare la gioia. É una musica che permette di allontanarmi da ciò che mi affligge”.
“Gli artisti che mi hanno maggiormente influenzato sono stati B.B. King, Etta James, Koko Taylor, Billie Holiday, Son House, Skip James, Robert Johnson, James Brown, Hank Williams, Patsy Cline”.
“Ho avuto parecchi problemi da bambina. I miei genitori erano brave persone ma molto instabili mentalmente. Mio padre cantava molto bene e suonava l’armonica. Ma erano entrambi depressi e bevevano tantissimo. Eravamo cinque figli. Mia madre era una cattolica molto devota, al contrario di mio padre. Ma mia madre non voleva divorziare. Si uccise quando avevo tredici anni, subito dopo il mio compleanno. Mio padre la seguì quando avevo sedici anni. É stata una tragedia. Oggi ne parlo apertamente, non ho mai voluto affrontare l’argomento. So cosa vuol dire soffrire. Anche io ho sofferto di depressione e ne soffro ancora. Avevo dentro una rabbia che mi divorava. Riesco a vedere la tristezza nello sguardo di un bambino. La gente che incontro fatica a credere alla mia storia. Ho ritrovato mia figlia quando aveva sedici anni. Abbiamo ricostruito un buon rapporto, che ha alti e bassi come tutti i rapporti madre-figlia. Anche questo è stato un miracolo”.
“Nella mia biografia WeedsLike Us ci sono alcuni aneddoti della mia lunga carriera e di come la musica sia stata una vera zattera di salvataggio nei mari agitati della vita”.