Venezia 78 – Paul Schrader

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“Diario di un ladro di Robert Bresson è il film che mi ha fatto capire che poteva esserci un posto anche per me nel cinema. Facevo il critico, poi ho visto questo lavoro su un ragazzo che scrive un diario e ho pensato potessi fare qualcosa di simile. Tre anni dopo ho scritto Taxi Driver”.

“Il film “Un pomeriggio d’Autunno” di Yasujirō Ozu aveva il giusto equilibrio tra l’uso del colore e le immagini. Mi ha aperto un mondo”.

“La mia colonna sonora preferita è “Taxi Driver” di Bernard Herrmann”.

“Le professioni (il giocatore di carte, il tassista, il pugile) dei miei personaggi nei film sono tutte metafore. Sono la maschera che serve per raccontarli meglio”.

“Ho esordito come critico cinematografico. Ho lavorato per riviste e scritto saggi. Il pubblico, a partire dagli anni Cinquanta e Sessanta, ha cominciato a leggere le recensioni dei film. Da allora la critica ha avuto un potere enorme. Ho vissuto l’età dell’oro del cinema, come recensore e come cineasta”.

“Ho scritto “Taxi Driver” verso i 25 anni. Ero critico cinematografico, stavo vivendo un periodo oscuro della mia vita, dormivo in macchina o in qualche cinema porno, non amavo socializzare. Bevevo e sono stato portato in ospedale  per un’ulcera sanguinante. Mentre ero ricoverato ho avuto una visione: un taxi giallo e un giovane uomo intrappolato dentro, una sorta di bara che vagava, galleggiando per tutte le fogne della città. Una metafora della solitudine: un ragazzo circondato da tanta gente eppure intrappolato in questa scatola di metallo. Dovevo scrivere di questo ragazzo perché stavo rischiando di diventare come lui. Quella per me è stata una sorta di terapia”.

 

 

 

 

 

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